Annalisa Sonzogni

Oltre La Soglia

Riflessioni in quattro tempi per Annalisa Sonzogni


di Ludovico Pratesi

 

1. L’artista e la città

Per un artista ci sono molti modi di interpretare una città italiana. Si può esplorarne la memoria, composta di tracce visibili e altre segrete, celate tra le trame dei mattoni di un edificio o nei frammenti di un affresco scolorito dal tempo all’ombra della navata di una chiesa antica, o negli aviti saloni di un palazzo gentilizio. Si può individuarne le aspirazioni passate o presenti, misurando l’altezza dei suoi edifici più alti: torri, campanili o grattacieli. Si può registrare il livello del reddito dei suoi abitanti, occhieggiando discreti tra le vetrine dei negozi e delle boutiques aperte sulle strade più frequentate. O osservare le sue trasformazioni urbane, confrontando la dimensione intima e armoniosa del centro antico con la crescita smisurata e caotica dei quartieri nuovi, che si estendono fino a confondersi con le periferie, dove il senso del vivere scompare del tutto, lasciando spazio al vuoto di un esistere massificato e inconsapevole.

2. Genius Loci

Oppure, ci si può soffermare su alcuni dettagli, che attraverso lo sguardo dell’artista si caricano di significati in quanto combinati secondo un itinerario visivo costruito come un diario visivo, un journal de voyage composto di immagini cariche di senso. Allora il genius loci appare sottotraccia, viene svelato da un fil rouge che corre silenzioso tra le pieghe dell’urbano e mostra un volto della città appena tratteggiato, che assume connotati più precisi nella sequenza delle opere voluta dall’autore.

Questa è la scelta della giovane artista Annalisa Sonzogni, invitata dal Centro Arti Visive Pescheria ad interpretare la città di Pesaro attraverso l’obiettivo fotografico. Una sfida non facile, che la Sonzogni ha accolto con impegno e tenacia al fine di  costruire la propria visione  da condividere con ognuno di noi. In perfetta coerenza con una ricerca che privilegia una fotografia oggettiva  priva di facili sentimentalismi e di eccessivi afflati descrittivi, l’artista ci propone un percorso attraverso la città privilegiandone le zone d’ombra, senza mai indugiare su luoghi comuni , memorie e cliché banalmente autocelebrativi.

3. Orizzonti e soglie

Non è un caso quindi che lo sguardo della Sonzogni parta dal mare, un mare mai protagonista ma soltanto suggerito dalla presenza della spiaggia, fotografata di notte, come silenziosa terra di nessuno, minacciata dalle sagome degli edifici del lungomare pesarese, che l’oscurità rende ancora più incombenti. Una barriera di cemento che apparenta la città marchigiana ai grattacieli della Tokyo notturna ripresa da Sofia Coppola in Lost in Translation, o ai casermoni berlinesi, squallidi e asettici, che fanno da sfondo alle intercettazioni situate tra spionaggio e voyeurismo della Vita degli Altri. Architetturecircondate da asettici silenzi che ritroviamo nella serie di immagini della Sonzogni dedicate alle soglie di alcuni villini pesaresi, individuati in quella cintura di città giardino che collega il centro storico al mare. Edifici discreti ed eleganti, costruiti in un arco temporale che va dai primi del Novecento agli anni Settanta, esempi eloquenti di una tranquillità borghese evidenziata da alcuni interessanti dettagli che personalizzano le linee razionali e geometriche dell’international style .Così l’artista ci guida attraverso una singolare campionatura di soglie, impreziositi da vetrate, colonne, pensiline, siepi  e piante; addirittura un frammento di sarcofago antico, incastonato su una parete per suggerire forse  nobili genealogie o solenni apparentamenti con passati remoti.

4. Park Hotel

Territori separati dalla vita pubblica della strada attraverso cancellate, ringhiere o addirittura muri di cemento armato: arroganti cesure urbane necessarie a perpetrare uno status symbol in grado di isolare con un muro di cemento alto due metri una dimensione di riservatezza gelosamente custodita dall’architettura. Una barriera che l’artista ci invita a varcare, per  immaginare quali vite si consumino dietro quelle soglie. Così queste  opere diventano contenitori di senso, che attendono di incontrare i nostri sguardi per trasformarsi in territori da esplorare con calma e attenzione. Come 
Park Hotel, il video realizzato dall’artista per questa occasione. Accompagnata dalle note di una famosa canzone di Mina, la telecamera mostra un’immagine della Pesaro moderna, affollata di hotel affacciati sul mare, che d’estate vivono i ritmi dei vacanzieri, mentre in autunno tornano nella placida dimensione del quotidiano tipica della provincia italiana. La musica accompagna lo svolgimento di una giornata: ventiquattro ore dove l’unico elemento che cambia è la luce su una città testimone di un tempo già trascorso, che vive nella memoria di ognuno di noi.